Tra spinaci surgelati e qualche sugo di emergenza, nel mio freezer vive una moltitudine di scorte che spesso dimentico di avere: pane, gelato comprato per sopravvivere a un’afosa giornata di luglio, basilico messo in salvo prima dell’ineluttabile decesso per abbandono a cui andava incontro nel mese di agosto.
Ogni tanto apro, prendo qualcosa, chiudo. Altre volte apro, cerco ispirazione, non prendo niente – ma mi compiaccio della previdenza della me di cinque mesi fa –, chiudo. Tanto le cose surgelate mica vanno a male.
Ecco, il punto forte di ciò che sta in freezer è la sua staticità: nel loro angolino gli spinaci non sollevano maleodoranti proteste contro l’abbandono, non ti rammentano di averli dimenticati generando ecosistemi di muffe o liberando quel liquido che ti costringerà, maledicendoli, a svuotare e pulire l’intero cassetto della verdura. Gli spinaci surgelati semplicemente stanno lì, pronti all’occorrenza, in attesa di svoltare anche la prossima cena poco fantasiosa.
Quando penso alla fantomatica anticamera del cervello, me la dipingo proprio come il freezer della nostra mente. Là, negli ultimi mesi, ho mandato in letargo varie riflessioni, idee e spunti, per mantenerli freschi al momento del bisogno.
Del resto, il freezer è per sua stessa natura l’antidoto a quando tutto diventa troppo – che sia il pane che hai comprato o il carico mentale ed emotivo di una certa fase della vita –, la soluzione antispreco che posticipa la fruizione senza lasciare che venga compromessa da un pessimo tempismo. Il sogno di ogni procrastinatore e procrastinatrice, insomma, o di chi semplicemente si lascia un po’ sfuggire di mano la quantità di spesa.
Ebbene anche dalla previdenza si può diventare dipendenti, e così tra le mie varie sessioni di apertura, osservazione e chiusura del freezer esiste una situazione specifica e leggermente ossessiva, figlia di Ansia e Laurea-in-filosofia, in cui la domanda mi assale: è il caso di giocarmi la mia preziosa riserva proprio adesso? È davvero arrivato il momento della sua realizzazione teleologica, il raggiungimento del fine ultimo ed intrinseco della sua esistenza? È davvero l’ultima spiaggia oppure ho solo voglia di sofficini?
Arriva una folata di gelo: meglio chiudere il freezer. L’escatologica cottura degli spinaci dovrà aspettare, così come l’articolazione di quella bozza troppo impegnata per il mese di agosto.
Sono mesi che m’incanto davanti ai freezer della mia mente e della mia cucina, interrogandomi di spinaci e riflessioni. Credo che il problema non stia nell’iniziare – le riserve non mancano –, ma nella paura di non sapere come continuare. Per il terzo anno mi presento a voi lettrici e lettori con la pretesa – se non la presunzione – di avere ancora qualcosa di nuovo e interessante di cui parlare, di proporvi pensieri per cui valga la pena investire quei 7 minuti di lettura, investirli proprio qui e non da qualsiasi altra parte. Come ogni relazione che si rispetti, per mantenerla viva bisogna fare molta attenzione a non scadere nella monotonia, far sì che ogni appuntamento non sia mai banale.
Allora subentra l’ansia da prestazione e ogni nuova idea va dritta in freezer, in attesa di trovarle un utilizzo originale e all’altezza delle aspettative. E di nuovo: apri, osserva, chiudi.
Qualche settimana fa la fase di osservazione si è prolungata più del solito, e il gelo che mi arrivava addosso ha cominciato a bruciare fino a diventare ustionante. Non era più una folata da rinchiudere dentro, ma una fiamma incontenibile che pretendeva di uscire.
Gaza soccombeva, Giulia Cecchettin teneva l’Italia intera in profonda apprensione prima e in lutto profondo poi, le storture del mondo del lavoro mi si palesavano davanti agli occhi con inedita concretezza. Anche l’instancabile freezer non riusciva più a contenere tutto.
Nelle ultime settimane dentro di me è cresciuta una rabbia che ha preso vita, così bruciante da sciogliere tutto ciò che la mia ossessiva precauzione aveva messo da parte, troppo incalzante per ignorare la domanda di esserci, di uscire dalla mia silenziosa zona di comfort e far sentire la mia voce insieme a chi in questi mesi ha urlato forte per tutte e tutti.
Allora intanto inizio e vi chiedo, se ne avete (ancora) voglia, di riprendere a camminare insieme lungo questo percorso. Non so se sarò sempre pronta, originale e brillante, con argomenti caldi e appena sfornati. Forse a volte dovremo farci andare bene quei sofficini, oppure rimandare di una settimana la nostra chiacchierata periodica. Ma ormai sono tre anni che ci conosciamo (alle nuove arrivate e ai nuovi arrivati: benvenut*, spero di non avervi spaventat*) e credo che non sia più tempo di ansie da prestazione, o quantomeno che non sia più tempo di nasconderle.
Si tratta di un sentimento più comune di quanto pensiamo, che non tutt* esorcizziamo allo stesso modo. Ma l’unico modo per non lasciare che ci paralizzi è condividerlo e normalizzarlo, confidando nella comprensione e nell’accoglienza di uno spazio sicuro che non trascina in fondo chi arranca, ma anzi aiuta a stare a galla. Nella giungla di un mondo digitale che si fa sempre più predatorio, spero che questo appuntamento rappresenti proprio uno spazio di questo tipo non solo per chi scrive, ma soprattutto per chi legge, interagisce, condivide.
Allora intanto bentrovat*, o benvenut*. Per oggi mi fermo qui, ma abbiamo un bel po’ di spinaci da cuocere.
Come vi immaginate l’anticamera del cervello? Mayra, che ha accettato l’arduo compito di illustrare il flusso di coscienza a cui avete appena assistito, la rappresenta più o meno così:
:
I consigli di questo primo numero non sono altro che alcune delle cose che mi hanno fatto esplodere il freezer. Nell’attesa di cucinarle una per volta nel corso delle prossime settimane, vi andrebbe un assaggio?
A pochi mesi dalla morte di Michela Murgia, che tra le tante cose ci ha lasciato in eredità lo sdoganamento di configurazioni familiari non tradizionali (la famosa famiglia queer, in cui i legami d’elezione sostituiscono quelli di sangue), da tutte le parti si susseguono - neanche troppo velatamente - una serie di operazioni legislative e/o propagandistiche mirate per controllare corpi, amori e relazioni. Allora vi consiglio, come antidoto, l’ascolto di storie di madri non convenzionali e corpi che hanno rifiutato di farsi controllare: Morgana è un podcast di Chiara Tagliaferri e della stessa Michela Murgia, protagonista dell’ultima puntata.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha fatto davvero rumore, soprattutto grazie all’impegno personale e politico della sua famiglia. Sono sicura che avrete letto e ascoltato le parole della sorella Elena e del padre Gino, su cui torneremo nei prossimi numeri. Ma mi appello ancora una volta a Michela Murgia per una riflessione su come i giornali parlano di femminicidio e, soprattutto, su come non ne dovrebbero parlare.
In un’Italia fondata sulla differenza e sulla separazione, in cui chi inneggia all’antifascismo viene schedato mentre le più alte cariche dello Stato negano a quello stesso antifascismo il suo ruolo fondante della nostra Costituzione, Chiara Valerio ci spiega il valore salvifico della cultura in modo semplice come un piatto di pasta aglio, olio e peperoncino.
Una persona giovane che cerca lavoro in Italia incontra difficoltà non da poco: non importa quanti stage sottopagati hai svolto, se hai meno di 35 anni sarai sempre giovane, inespert*, “in formazione”. Ed ecco una carrellata di annunci lavorativi che lo dimostrano.
Gaza. Serve aggiungere altro?
Come sta il vostro freezer? C’è qualcosa che lo ha fatto straripare? Se volete, potete raccontarcelo scrivendo all’indirizzo redazione@educationaround.org. Oppure, se preferite, ci trovate sui nostri canali social: