L'egoismo, dicevamo, l'interesse, ha tanta parte in quello che facciamo: tante volte si confonde con l'ideale. Ma diventa dannoso, condannabile, maledetto, proprio quando è cieco, inintelligente. Soprattutto quando è celato. […] Per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma, cominciamo a guardare in noi e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere, domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere!
[…] Oggi bisogna combattere contro l'oppressore. Questo è il primo dovere per noi tutti. Ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi e il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su noi. Termino questa lunga lettera un po' confusa, lo so, ma spontanea, scusandomi ed augurandoci buon lavoro.
- Giacomo Ulivi, 19 anni, fucilato nel novembre 1944. Da Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana
Se diventando grandi il 25 dicembre perde un po’ del suo fascino, suscitando persino malinconia in alcune persone e costringendo anche i più ottimisti a smorzare la magia della festa con la vita reale, c’è un altro 25 nel calendario delle ricorrenze italiane che si riempie invece di senso con il passare degli anni. Forse perché a una certa età i simboli lasciano spazio alla rilevanza pragmatica degli eventi: senza alcuna pretesa di cinismo, se dopodomani non avessimo nulla da celebrare forse oggi non saremmo neanche qui. E se anche ci fossimo, le nostre vite non sarebbero proprio uguali ad adesso.
Oggi è l’antivigilia del 25 aprile, Anniversario della Liberazione d’Italia dal nazifascismo nel 1945 e giorno in cui furono gettate le basi della Repubblica e della sua Costituzione. Un evento, dicevo, impattante sulla vita di tutti e tutte, a prescindere dagli orientamenti politici: chiunque volesse dissentire, potrà farlo proprio grazie a ciò che è successo il 25 aprile di 78 anni fa.
Eppure, da anni ormai questa ricorrenza ha un sapore dolceamaro, dovuto a un’ide(ologi)a dilagante che la associa a un estremo dello spettro politico e le attribuisce una valenza, per usare il gergo degli ultimi tempi, divisiva.
Quest’anno, per la prima volta, questa visione del mondo giudica il 25 aprile dall’interno delle istituzioni e in particolare del Parlamento, governato da una maggioranza apertamente nostalgica e presieduto dagli eredi del Movimento Sociale Italiano. E facendolo si guarda bene dal pronunciare le parole “antifascisti” o “partigiani”, uniche definizioni possibili quando si parla, ad esempio, delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, che la Presidente Meloni ha invece ricordato con un generico “italiani”. Il Presidente del Senato Ignazio La Russa, commentando l’accaduto, non ha perso occasione di ricordare che quei partigiani “sapevano cosa li aspettava” dopo l’attentato di via Rasella, che afferma non essere stato diretto contro ufficiali nazisti, ma piuttosto contro “una banda musicale di pensionati altoatesini”. Affermazione che Giorgia Meloni, a sua volta, ha ridotto a “una sgrammaticatura istituzionale”.
La risposta dell’ANPI non ha tardato a fugare ogni dubbio, ma soprattutto a porre l’accento sul pericolo di operazioni di questo tipo. Il tentativo, infatti, è quello di riscrivere la storia, sostituendo i valori cardine della Costituzione – figlia proprio di quel 25 aprile e di quei partigiani – per sgranare religiosamente un rosario di parole d’ordine che contrappongono l’altro al noi, il destino ai diritti, la libertà alla Liberazione.
Del resto, viviamo in un Paese democratico: perché mai dovremmo parlare di liberazione se siamo già liberi?
Per almeno due motivi.
In primo luogo, perché sorvolare aiuta a dimenticare. I testimoni diretti di quella pagina di storia sono rimasti in pochi, e tra non molto non ne rimarranno affatto. Alle generazioni successive spetta il compito di preservare e tramandare quella memoria, salvaguardandola da reinterpretazioni finalizzate a dissimulare ogni parallelismo, mimetizzarsi tra chi sta dalla parte giusta, recidere ogni legame tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. Perché negare il passato è la prima condizione del suo ripetersi.
In secondo luogo, perché la Liberazione è stata il frutto di un movimento di opposizione tanto eroica quanto dolorosa, di quella Resistenza che ha unito comunisti e monarchici, anarchici e cattolici, uomini e donne uniti non da un credo politico ma dalla motivazione comune di liberare l’Italia dal fascismo. Non per appropriarsi del suo potere, ma per eradicarne i presupposti. Non per affermare se stessi e se stesse, ma anzi sacrificandosi per affermare che un’altra via era possibile e permettere a qualcun altro di percorrerla.
Non si può smettere di parlare di Resistenza perché non si può smettere di resistere l’oppressione in ogni sua forma.
E se è facile posizionarsi in prima linea per ricordare gli orrori del passato, è molto più comodo voltarsi dall’altra parte davanti al dolore di un presente a sua volta pregno di ingiustizia e vessazione. Di fronte alla paura di diventarne vittime – o diventarlo ulteriormente –, l’antidoto socialmente promosso e accettato per “salvarsi” è diventare carnefici, schierarsi contro chi è ancor più debole e vulnerabile, affermare la propria libertà a scapito di quella altrui.
E allora non posso non citare un passaggio di Periodo Ipotetico, la poesia di Gloria Riggio, mia coetanea e conterranea ma soprattutto poetessa dal talento straordinario:
Potrei parlare di resistenza se la politica in Italia parlasse dal pulpito,
se riuscisse a far propaganda schierando il penultimo contro l’ultimoPotrei parlare di resistenza se vivessi in un paese che rigetta in acqua
chi arriva dal mare come pesce imbevuto di piombo
salvo battersi il petto quando gli muore nel gremboParlerei di resistenza se la battigia fosse diventata battaglia,
se il Mediterraneo fosse divenuto una stretta di tenaglia,
se mia nipote avesse confuso l’occhio di un morto con il bianco di una biglia,
se dentro il buio di conchiglia non sentissi più le onde ma le urla
Resistenza oggi è resistere a noi stessi e noi stesse quando la tentazione di trasformare la paura in odio ci sembra l’unica strada possibile, disinnescare quel meccanismo e trovare il coraggio per pensare che un mondo diverso è possibile e può esistere solo intessendo le singole battaglie in un’unica Resistenza. Sta tutta qui, la differenza tra libertà e Liberazione: nel vuoto di solidarietà che separa una rivendicazione individuale e un movimento necessariamente collettivo, perché contrapposto a una macchina di ingiustizia legittimata e odio istituzionalizzato.
Celebrare il 25 aprile non significa contemplare il ricordo di un evento cristallizzato nel passato, ma raccoglierne l’eredità per farlo rivivere nelle battaglie quotidiane. Restare vigili per riconoscere l’anima più profonda di movimenti apparentemente lontani da quelli di un secolo fa, ma che dietro una forma meno identificabile celano a loro volta abusi e prevaricazioni. Affermare ora e sempre l’antifascismo, cuore pulsante della nostra Costituzione e della nostra stessa esistenza. E soprattutto non credere mai che scegliere l’indifferenza consenta di tirarsene fuori, perché “per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti”.
Ancora Gloria:
Potrei parlare di resistenza
se mio fratello avesse timore d’esser fermato una qualsiasi notte e perquisito,
se mio fratello dovesse aver timore nel prestare aiuto ad un amico, indifeso
se di colpo ciò in cui hai sempre creduto diventa ciò che hai sempre fraintesoSaprei cos’è la resistenza
se lo stato laico brandisse il rosario,
se gli operai morissero per una miseria di salario,
se guardassimo queste parole come a scalpi dentro un ossario
- con referenza e inquietudine, sino a quando non ci voltiamo -
se fare memoria fosse un appuntamento ad orario, e dopo gli onori del caso sipario,se tutto questo
non fosse immaginario.Invece lo è: è tutto immaginario, ed è un tale sollievo
come quella bella parola cui rende ogni anno grazie la nostra nazione:
è tutto immaginario, ed è davvero una liberazione.
Questo 25 aprile ricordiamo ciò che è stato e facciamone una cartina di tornasole per leggere il presente, intercettarne i meccanismi, tentare di cambiarlo. Soprattutto, guardiamoci dentro.
C’è ancora tanto a cui resistere, ma il primo passo è resistere la tentazione di guardare altrove.
Per questo 25 aprile Roberta ha realizzato una splendida illustrazione dal titolo Al partigiano che morì per la libertà, che ci racconta così:
In questa illustrazione ho voluto rappresentare la Costituzione Italiana, la legge fondamentale del nostro Stato, sulla quale si eregge il Tricolore, simbolo della nostra Patria; gonfio, per ricordarci la forza del cambiamento.
Oggi, 25 Aprile, festeggiamo l'anniversario della Liberazione e ricordiamo i nostri concittadini che si sono battuti per la nostra libertà, che hanno lottato, camminato per salvare un futuro apparentemente già scritto, cambiando però il finale.
Il fiore simboleggia il nostro popolo, ancorato alla Costituzione, la nostra zattera di salvezza e ponte di collegamento tra il passato e il futuro, tra il mare e la terra ferma, perché il popolo è il futuro.
I consigli di questa settimana:
La Resistenza ha coinvolto moltissimi uomini ma anche moltissime donne, che non si limitavano a fare le “staffette” – come vengono spesso ricordate –, ma hanno avuto un ruolo attivo anche sul campo di battaglia. Per consigli di lettura sul tema, ne trovate diversi raccolti in questo articolo.
In occasione di questa ricorrenza non posso non consigliarvi di ripercorrere le tappe e le sensazioni che hanno segnato la Resistenza ascoltando l’album Appunti Partigiani (2005), dei Modena City Ramblers. Menzione particolare a Oltre Il Ponte e La Pianura Dei Sette Fratelli, ma consiglio caldamente l’ascolto integrale.
Sull’aspetto più introspettivo di questa ricorrenza un altro consiglio musicale, che con questa celebrazione condivide il titolo: La Festa della Liberazione di Andrea Appino (se a qualcuno suonasse familiare, è il cantante del gruppo The Zen Circus!)
Ho assistito a un racconto toccante e coinvolgente della Resistenza allo spettacolo di Andrea Pennacchi, attore e drammaturgo padovano. Mio padre - appunti sulla guerra civile - tratto dal libro La guerra di Bepi - racconta la storia del padre di Pennacchi, partigiano e internato nel campo di concentramento di Ebensee: ne trovate un estratto qui. Pennacchi non è nuovo a riflessioni di questo tipo, che ha portato spesso al programma Propaganda Live: tra queste vi consiglio la sua riflessione sui partigiani e un accenno, poi ripreso dallo spettacolo di cui sopra, sul padre e sul valore della memoria.
Carlo Greppi è uno storico di ultima generazione che, con una comunicazione chiara e innovativa, riesce a rendere la storia un intrattenimento accessibile a tutti e tutte, rendendo ben chiaro perché il passato ci riguarda in prima persona, oggi e sempre.
Per chi volesse avventurarsi in un approfondimento più “scolastico”, vi consigliamo il lavoro di Paul Ginsborg e in particolare il suo Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, in cui ci insegna perché eventi come la Resistenza non vadano guardati come fatti isolati, ma come parte di una storia più complessa che continua a esercitare i suoi effetti nel presente.
Per un contributo visivo, consigliamo il lavoro del vignettista Mauro Biani.
Il 25 aprile non si sta a casa: tra le manifestazioni e gli eventi a cui potreste partecipare, segnaliamo l’appuntamento annuale a Casa Cervi (Reggio Emilia), il corteo Antifascismo è rivoluzione a Lucca, la festa organizzata a Trento e diverse iniziative a Torino. In generale guardatevi attorno, perché il 25 aprile è partecipazione: per informarvi sulle iniziative nella vostra città, l’ANPI ha stilato un elenco completo di tutte le celebrazioni in giro per l’Italia.
In Education Around cerchiamo di fare resistenza quotidianamente, cercando di generare un dibattito aperto e inclusivo per immaginare insieme un domani diverso. Per qualsiasi dubbio, domanda o curiosità, potete scriverci come sempre all’indirizzo redazione@educationaround.org. Per saperne di più sul nostro lavoro, ci trovate come sempre sui nostri canali: