Cari lettori, care lettrici,
volevo porvi una domanda che forse vi farà fare un bel (o poco bel) salto indietro nel tempo: cosa ne pensate dei compiti delle vacanze? Il termine è quantomeno antitetico, a mio avviso. Voi facevate i compiti all’inizio dell’estate, per levarvi subito il pensiero, oppure vi riducevate alle ultime tre settimane, nelle quali, spesso obbligati da un po’ troppo assillanti genitori, si tentava di recuperare il recuperabile, di scrivere anche due o tre saggi brevi o analisi del testo al giorno, inframmezzati da brevi sessioni di calcolo integrale, così, per riposare la mente?
Una recente e animata discussione sul tema tra amici ha evidenziato quanti pochi fossero quelli che, con diligente anticipo, concludevano i compiti nel primo mese, con gli argomenti ancora freschi dalle ultime interrogazioni e il pensiero a quando non si avranno più pensieri. Prima il dovere e poi il piacere era la filosofia adottata (o molto poco liberamente imposta da notevoli pressioni familiari) dai pochi, mentre i più tentavano di posticipare il posticipabile, e di non pensarci.
Io, spoiler, ero una convinta fautrice della prima categoria: tolto il dente, avrei avuto una spensieratezza diversa da quella dei miei compagni, che prima o poi avrebbero dovuto fare i conti con i compiti. L’altro lato della medaglia era che, mentre io stavo in panciolle ad Agosto, i miei amici erano spesso chiusi in casa (volontariamente o meno) per concludere i doveri estivi.
Doveri estivi?
Vero è che le vacanze sono particolarmente lunghe in Italia (13 settimane, più del doppio di Germania e Olanda insieme, per esempio), ma siamo sicuri che il concetto di dovere estivo sia il miglior metodo per stimolare gli studenti a continuare ad imparare durante l’estate, ad approfondire le tematiche discusse in classe, a fare qualche esercizio per non perdere la mano, a leggere, a scrivere, a confrontarsi?
Lungi dal sostenere che durante l’estate si debba spegnere il cervello (quello non andrebbe spento mai, al contrario dei molti device tecnologici che potrebbero prendersi un po’ di ferie, ndr), ma sicuramente le vacanze estive servono agli scolari per riposarsi. I doveri estivi addirittura potrebbero essere controproducenti: secondo alcuni studi sembra che questo sia vero non solo a livello di stress, ma anche a livello di capacità di apprendimento (secondo una indagine del PIRLS gli studenti a cui non vengono assegnati molti compiti hanno valutazioni più alte rispetto a quelle dei compagni, al ritorno a scuola).
Nella diatriba tra chi li ritiene necessari e chi li toglierebbe subito, la vera domanda potrebbe essere perché siano così simili ai compiti scolastici, o almeno ricalchino il modello di apprendimento da aula, con gli stessi obiettivi e le stesse modalità.
Non sarebbe l’occasione per suggerire ai ragazzi di fare altro? Di mettersi in contatto con la natura, di esplorare, di imparare in un modo differente? Conosco gente che ha deciso di intraprendere cammini poco battuti (andate a vedere il progetto di Va Sentiero), di spendersi come volontario in progetti più o meno lontani (con WorkAway, si viaggia praticamente a costo zero, se ci si impegna ad aiutare l’ospitante nelle faccende quotidiane), di imparare una nuova lingua (anche quella dei segni, gratuitamente) un nuovo sport, un nuovo piatto o semplicemente di prendersi del tempo per godersi l’otium alla latina. Ci sarà tempo per stressarsi in futuro, vale la pena iniziare nell’infanzia o nell’adolescenza?
Le vacanze possono essere un momento di apprendimento diverso, una educazione più incidentale, ma non per questo meno sana. Chiedetelo a Ward, e porterete a casa una bella lezione su come si potrebbe stare al mondo in una maniera più spontanea e inclusiva, prendendo esempio proprio dal modo di esperire del bambino. Chiedetelo a me, e vi dirò tutto quello che ho imparato iniziando a disegnare un erbario durante le vacanze estive.
Comunque, tra il fare tutto subito o tutto dopo, il suggerimento degli esperti sembrerebbe essere quello di fare poco e sempre: non più di un'ora al giorno, alternando tra varie materie, per continuare a fare pratica quotidiana senza stressarsi. La stessa cosa che ci dicono delle diete bilanciate e del buon work-life balance: insomma, cara persona, adulta o meno, in un mondo che ti vuole iper produttivo e che ti corregge i compiti delle vacanze, devi anche essere bilanciato e sereno. E imparalo da piccolo, mi raccomando:così potrai essere preso d’esempio come studente modello se ti laurei in tempo, o anzi in anticipo, perchè hai capitalizzato la pandemia e no, non hai perso tempo a deprimerti.
Lo diceva bene Sofia Lo Mascolo nella scorsa puntata di Ritagli: “se la valutazione scavalca la formazione, se le nozioni oscurano la fioritura, la pedagogia smette di respirare”. E si produce una corsa all’apprendimento che ha una sola modalità giusta. E la premia, così che Matilde, nel celebre romanzo di Roald Dahl, finisce nella classe superiore, ma perde inevitabilmente i suoi poteri magici. O ancora, così che diventi pratica corrente e usuale la frode accademica (dal copiare al falsificare titoli di laurea o diplomi, come ci raccontano i ricercatori di CIMEA).
Nulla di più sbagliato, e rischioso, se si pensa che imparare è uno degli atti più soggettivi e personali che ci possano essere. E va bene così: va bene non dare i compiti, va bene imparare dalla strada, va bene anche studiare tutti i giorni, purché la richiesta di imparare e le modalità in cui farlo siano, almeno per i due mesetti estivi, dettati dalla curiosità e dai tempi di colui che impara, dal basso.
E che per quei due mesetti si dorma, ci si svegli presto, si guardino tanti film o si imparino a riconoscere le stelle: un modo di imparare ispirato alla scuola di Tolstoj, Jasnaja Poljana, dove chiunque ha il diritto di non andare se non ha voglia e di non ascoltare il maestro se quello che dice è noioso, almeno durante l’estate. Dove nessuno viene rimproverato se arriva in ritardo e non ci sono premi né punizioni. Ci si può sedere dove si vuole, anche sui tavoli o sul pavimento. Non ci sono orari, ed è il piacere di imparare e di scoprire che detta le tempistiche dell’apprendimento, al posto che una campanella. Chissà mai che poi non si decida di continuare così anche a Settembre e per tutto l’anno scolastico: una scuola che ridiventa e luogo di relazione umana, spontanea e condivisa, come suggerito nel Manifesto per la nuova scuola, firmato tra gli altri da Barbero e Zagrebelsky.
Tutto questo per dirvi che noi di EA andiamo in vacanza - sperando di averla meritata! Ognuno libero di fare i compiti che vuole: io suggerisco la seconda edizione del Quaderno di compiti delle vacanze per adulti (o la prima se non li avete fatti l’anno scorso), una serie di esercizi di ginnastica al contempo fisica e mentale e la lista dei libri che la mia Professoressa di italiano ci dava da leggere durante l’estate. Letture amene poco da ombrellone forse, ma capisaldi della letteratura.
Per qualcosa di meno gravoso, più da lido, potete sempre ascoltare le puntate perse di Accademico prima dell’inizio della nuova stagione, oppure spulciare i nostri consigli del mese.
Noi ci vediamo a settembre con molti progetti nuovi, voi divertitevi, mettetevi la crema solare e, mi raccomando, non fate il bagno subito dopo aver mangiato!
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